" Il mestiere di tradurre pubblicità " di Roberta Gado Wiener

http://www.lavoce.sk/wp-content/uploads/2010/06/pubblicit%c3%a0.jpg"Le aziende sono come le persone: diverse per carattere, attitudini, fortuna, stile. Ciascuna esprime se stessa attraverso le cose che produce: è un discorso fatto di merci. Ma ciascuna esprime se stessa anche scegliendo uno specifico modo di discorrere." (1) Questo modo, anzi, modi di discorrere sono in parte pubblicità.
Evito la classica, generica introduzione su pubblicità e marketing, per la quale rimando ai vari testi consultabili sull'argomento, e passo subito alla traduzione pubblicitaria.
Sarà capitato a tutti di ricevere da tradurre uno "slogan" (headline) del tutto decontestualizzato, senza nemmeno sapere se parla di piastrelle o di cioccolatini, seguito dalla specificazione che, trattandosi di una riga soltanto, andrebbe tradotto subito per una decina di euro. Se questa possa essere definita una traduzione pubblicitaria, è difficile a dirsi; diciamo che avrebbe potuto esserlo.

Che cos'è dunque una traduzione pubblicitaria? Se scrivere un testo pubblicitario significa redigere su incarico di un committente un testo destinato a persuadere un determinato target per indurlo al comportamento voluto, allora tradurre questo stesso testo significa riprodurne il meccanismo in un'altra lingua per ottenere effetti analoghi sul target del Paese cui è destinata la traduzione, utilizzando gli stessi mezzi dell'originale o inventandone di nuovi nel caso in cui la prima via sia impraticabile.

Un lavoro creativo? Direi di sì, anche se non nell'accezione più comune del termine. I contenuti del discorso sul prodotto sono prestabiliti e mai straordinariamente nuovi, la forma deve riuscire comprensibile a tutti, senza punte di eccessiva originalità, perché "l'obiettivo della pubblicità è il consenso. Ma anche la materia prima della pubblicità è il consenso" (2): persino la campagna più scandalosa si mantiene sempre nei limiti della provocazione codificata. La creatività del lavoro pubblicitario, traduzione inclusa, non sta nella sostanza, ma nella forma: costretto entro vincoli ben precisi, il professionista deve rielaborare il materiale di cui dispone per produrre una combinazione originale. Rispetto al copywriter, il traduttore ha in più il vincolo fortissimo di un format già confezionato, composto da elementi predefiniti (headline, bodycopy, visual, baseline, ecc.), dei quali alcuni sostanzialmente immodificabili e altri da adattare nella lingua d'arrivo osservando le lunghezze richieste, la compatibilità con quanto resta invariato, il ritmo e, punto fondamentale, il tono di voce. Ancor più difficile è il caso in cui il target della lingua di destinazione sia diverso e il committente richieda modifiche mirate.
Per il traduttore pubblicitario è dunque indispensabile subordinarsi a tutti questi vincoli, con l'obiettivo finale di salvaguardare l'efficacia del messaggio: un compito che richiede, oltre alla sensibilità per le finezze delle lingue di partenza e di arrivo, alla conoscenza delle due culture coinvolte nel passaggio e all'inventiva, la capacità di mediare fra libertà creativa, restrizioni di varia natura ed efficacia. Un gioco di parole geniale non serve a nulla, se non è funzionale allo scopo o si integra male con il visual.

A volte è un gioco da ragazzi: non tutte le headline sono impossibili come quelle che ci presentano ai workshop. Diverse frasi fatte si ritrovano pari pari nella lingua di arrivo, alcuni giochi di parole si importano alla perfezione, sebbene con alcune cautele. Per esempio occorre sempre chiedersi se la concorrenza non abbia già usato una formulazione analoga in italiano (pericolosissimi i payoff, quelle frasette sposate ai loghi in fondo agli annunci, tipo il "Piacere di guidare" di BMW e lo "Spazio alle idee" di Ikea), se il messaggio non vada ritarato per qualche motivo (pensiamo alle pubblicità tedesche di un cibo pronto all'italiana), se la stessa frase fatta non abbia connotazioni diverse e magari dispregiative nella cultura di destinazione. Altre volte invece, la traduzione di un comunicato pubblicitario richiede davvero molto lavoro.
 
Come si muove concretamente un traduttore pubblicitario? Provo a descrivere il mio metodo e quello di colleghi che conosco. A prescindere dalle variabili contestuali (dipendente di una grande impresa con traduttori interni, di un'agenzia o freelance), si riceve il comunicato da "tradurre" (adattare è forse il termine più adatto) sia in forma di solo testo sia come format completo, spesso corredato da istruzioni del cliente o dell'agenzia pubblicitaria che ne illustrano finalità, destinazione e così via: il brief o briefing. Leggo e rileggo questo documento, spesso complesso, e, afferratone il messaggio chiave e i meccanismi, verifico se l'headline si può trasporre facilmente in lingua. Se sì, eseguo i controlli del caso e passo al bodycopy, che richiede un lungo lavoro di riscrittura e di cesello, lasciando per ultimo il titolo. Se invece mi accorgo subito che occorre adattare parecchio, parto immediatamente dall'headline: è inutile disperdere energie su un bodycopy che sviluppa la metafora di un titolo irriproducibile.
Le cosiddette tecniche euristiche utilizzate dal traduttore sono varie e simili a quelle del copywriter (ricerche in rete e sui dizionari, stesura di getto di tutte le idee senza autocensure con successivo filtraggio e verifica ecc.). Molto dipende da quanto tempo si ha a disposizione, che è sempre breve o persino brevissimo. Di regola le agenzie pubblicitarie lavorano a ritmi molto serrati e sono spesso in ritardo sul calendario dei lavori. Frequentissime sono inoltre le modifiche apportate ai testi già commissionati, che fino all'ultimo non sono mai definitivi.
Se c'è tempo, lascio sedimentare qualche ora e sottopongo le idee migliori a colleghi fidati. Questa del sondaggio è, almeno per me, una fase cruciale: un certo senso del pudore mi aiuta a scremare le proposte prima di presentarle ai collaboratori, le cui valutazioni sono utilissime per avvicinarmi alla soluzione.

Scelte due o tre formulazioni convincenti (o una sola, se la trasposizione riesce perfettamente), le argomento nella lingua del committente, cercando di fornire tutti gli strumenti possibili per consentire la scelta fra le proposte. Anche questa fase è importante, perché nel motivare le sue scelte il traduttore le chiarisce anche a se stesso. Spesso il cliente chiede al traduttore di indicare la propria preferita fra le varie soluzioni e una ritraduzione nella lunga originale degli adattamenti. A questo proposito entrano in gioco altre due caratteristiche importanti del professionista: ottime competenze di scrittura nella lingua sorgente e forti capacità argomentative. 

Alla fine il lavoro si articola in una serie di brevi proposte nella lingua di destinazione intercalate da spiegazioni nella lingua sorgente. Inutile dire che il testo non viene remunerato in base alla quantità dei caratteri, bensì secondo altri criteri (a ore, a forfait).
Ricevuto il lavoro, il cliente chiede chiarimenti, approfondisce la proposta che più lo convince e alla fine invia le bozze dell'impaginato per la rilettura finale.
Naturalmente un traduttore pubblicitario non traduce soltanto headline, ma anche comunicati e documenti aziendali di vario tipo. A volte vive addirittura di rendita per un po': in un'intera campagna i trattamenti creativi si ripetono, le formule ricorrono e, trovata una buona soluzione, la si può e la si deve riproporre (attenzione in questo senso ad appurare se la campagna è multisoggetto prima di presentare le proposte e, in caso affermativo, a pensare soluzioni versatili). Un lavoro analogo si fa anche per i telecomunicati, dei quali si riceve in genere lo storyboard, una serie di schizzi che riproducono le inquadrature, accompagnata dal testo (dialoghi, voce fuori campo) da adattare. Anche in questo caso il rispetto dei tempi dell'originale è indispensabile.
Un altro dettaglio molto pratico: la velocità della connessione Internet. Spesso i file sono molto appesantiti da immagini ed effetti. Se si dispone soltanto della linea analogica, a volte sorgono problemi.
 
Come si impara a tradurre pubblicità? Traducendo pubblicità.
 ( Fonte: http://www.lanotadeltraduttore.it/mestiere_tradurre_pubblicita.htm)
Note:
[1] Annamaria Testa, La parola immaginata. Teoria, tecnica e pratica del lavoro del copywriter, Pratiche Editrice, Milano 2000, pag. 11.
[2] Ibidem, pag. 30
 
Testi consigliati:
Annamaria Testa, La parola immaginata. Teoria, tecnica e pratica del lavoro del copywriter, Pratiche Editrice, Milano 2000 (testo splendido, dal quale ho tratto le citazioni)
Geppi De Liso, Creatività e pubblicità, Franco Angeli, Milano 1997

Roberta Gado Wiener

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