Tratti linguistici, le "particelle elementari" del linguaggio

http://www.lescienze.it/images/2014/02/02/234916964-2eedb9c3-a6e2-4176-9de1-fded18f83d45.jpgNon sono i fonemi le “particelle elementari” che consentono al cervello l'elaborazione del linguaggio parlato, bensì alcuni elementi fonetici ancora più semplici, noti come "tratti linguistici" (in inglese features). A determinarlo è uno studio, riportato in un articolo su “ScienceExpress” a prima firma Nima Mesgarani dell'Università della California a San Francisco, che fornisce un notevole contributo alla comprensione dei meccanismi basilari del linguaggio umano. 

In una lingua si definisce fonema l'unità fonologica minima autonoma di una parola, il cui cambiamento determina un cambiamento anche nel significato. In italiano, per esempio, nella serie “care, fare, gare, pare”, le consonanti iniziali sono tutte fonemi, perché distinguono il significato delle quattro parole. 

La comprensione del linguaggio umano tuttavia è un fenomeno molto complesso, che comporta l'elaborazione da parte del cervello di una successione di segnali acustici, i quali a priori potrebbero non coincidere con i fonemi, come invece ipotizzato da alcuni linguisti. Finora gli studi di neuropsicologia hanno avuto successo nell'individuare nel giro temporale superiore (STG), o area di Wernicke, l'area coinvolta nella percezione del linguaggio parlato. Ma quali sono le “unità percettive” che permettono a quest'area di mettere insieme prima le parole, poi le frasi e infine l'intero significato di un discorso?
Per rispondere a questa domanda, gli autori hanno arruolato alcuni pazienti affetti da una grave forma di epilessia già in trattamento con elettrodi impiantati nel cervello, e li hanno sottoposti a una serie di test uditivi mentre veniva registrata l'attività cerebrale nell'STG. Ai soggettiveniva richiesto di ascoltare una serie di 500 frasi in lingua inglese pronunciate da 400 diverse persone, in modo che i singoli suoni venissero percepiti numerose volte.

L'analisi dei dati ha permesso di documentare che le diverse regioni dell'STG non reagiscono ai fonemi, ma a elementi linguistici ancora più basilari, chiamati “tratti". I tratti linguistici sono specifiche caratteristiche acustiche prodotte quando chi parla muove le labbra, la lingua e le corde vocali. Per esempio, per pronunciare consonanti come ptkb e d, dette plosive, serve una momentanea un'ostruzione del flusso di aria che proviene dai polmoni. Altre consonanti invece, come sz e v, sono classificate come fricative, perché richiedono soltanto un restringimento del canale vocale. L'articolazione di ciascuna plosiva crea uno "schema acustico", o tratto, comune a tutte queste consonanti, e lo stesso vale per la turbolenza generata dalle fricative, e così via. 

Lo studio di Mesgarani e colleghi ha evidenziato che alcune particolari regioni dell'STG sono finemente “sintonizzate” in modo da produrre un'intensa risposta a questo ampio insieme di tratti, invece che ai singoli fonemi.

“Queste regioni sono diffuse in tutto l'STG, ha spiegato Mesgarani. "Come risultato, quando sentiamo qualcuno che parla, si 'accendono' diverse aree del nostro cervello in risposta al flusso di differenti elementi del linguaggio parlato”.

Fonte: www.lescienze.it

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